LEOPARDI – IL POETA DELL’INFINITO (Sergio Rubini)
**1/2
L’attore e regista Sergio Rubini mette in scena per Rai Fiction la storia del poeta e umanista marchigiano Giacomo Leopardi, icona della letteratura italiana, incubo degli studenti di liceo e non, personaggio dalla biografia complessa, tormentato e sfaccettato.
Talmente tormentato che non riesce a venir fuori simpatico nemmeno in questa serie tv (presentata al Festival del Cinema come film unico) in cui invece le cangianti sfumature dell’animo del poeta, per quanto evocate, si risolvono infine in una lunga e insopportabile lamentela pronunciata con voce flebile, una voce che quasi stona rispetto al chiassoso tenore di voce di tutti gli altri comprimari.
Una vita sicuramente interessante quella del poeta di Recanati: la serie riesce nella puntuale ricostruzione scenografica dell’epoca (non si può purtroppo dire lo stesso degli effetti visivi) e nella riproduzione di uno straziante dramma borghese, la storia di un personaggio nato benestante e per questo prigioniero del suo status e della sua famiglia, che lo vuole vessillo di cattolici valori. La vicenda infatti funziona bene soprattutto nella parte iniziale, in cui viene messa in scena l’adolescenziale ribellione di questo ragazzo rispetto a un potere familiare fossilizzato sul passato; ma non appena Giacomo esce di casa, e la serie inizia a prendere un maggior respiro, allargando i suoi temi, approcciando il romanticismo, il patriottismo, la filosofia, tutto con lo sfondo dei moti risorgimentali, la storia al contrario inizia a sfaldarsi, a dilatarsi inutilmente, e tutto diventa finto, inamidato; e anche Leopardi stesso comincia a diventare insopportabile, non riuscendo a trasmettere empatia allo spettatore.
Interessante almeno la costruzione narrativa per flashback, che regala un maggior ritmo a una storia che altrimenti rischierebbe di risultare ancor più scialba, nonostante l’ottima materia di base. Pazienza, ci consoleremo tornando a leggere le sue immortali poesie.