Democrazia illiberale, qual è quella vera? Ripartiamo dalla Grecia

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Questo è un libro sul potere delle parole. La parola ‘democrazia’ è da qualche secolo ormai la più potente. E per ora mi fermo al linguaggio, poi si potrà riparlare del resto, ma prima era necessario concentrarsi su questo”. Alessandro Mulieri ha presentato presso la libreria Rinascita di Ascoli Piceno il suo ultimo libro, “Contro la democrazia illiberale. Storia e critica di un’idea populista”. L’autore è Global Marie Sklodowska-Curie Fellow presso l’università Ca’ Foscari di Venezia e la UPenn di Filadelfia, dove insegna, e Research Associate all’Università di Lovanio in Belgio. Studioso di storia del pensiero politico e di filosofia politica, ha scritto numerose pubblicazioni.

La democrazia illiberale oggi. L’espressione, molto discussa, viene coniata all’inizio degli anni ‘90 dal giornalista americano Fareed Zakaria. E nasce, come ricorda la docente di storia politica Alessandra Bitumi, in un periodo molto preciso, quello post crollo del mondo sovietico. Opinionisti e analisti politici avevano bisogno di questa categoria interpretativa per dare senso a uno spettro ampio di regimi molto diversi tra loro ma accomunati da un unico obiettivo: utilizzare le procedure elettorali, fonte della loro legittimazione, per portare avanti posizioni politiche liberticide. Sono gli anni del dominio incontrastato degli Stati Uniti come unica superpotenza globale e la democrazia liberale sembra essersi imposta come il modello di governo egemone. Francis Fukuyama allora parla di ‘fine della storia’, in quanto la democrazia liberale viene vista come la forma di governo definitiva e universale. Eppure, non era così. Democrazie e autoritarismo in molto casi vanno verso un’ibridazione. Laboratorio diventa la Jugoslavia del tempo con la coesistenza di democrazia, nazionalismo e violenza. In qualche decennio, però, questa espressione à importante nel sollevare il tema del rapporto fra liberalismo e democrazia – passa a diventare un vessillo ideologico per le élite di regimi autoritari.

Il ruolo di Viktor Orbàn. “Il primo ministro ungherese pronuncia un famoso discorso del 2014 che è interessante per chi si occupa di filosofia e storia” riprende Mulieri. Secondo lui, la democrazia nata dalle rivoluzioni settecentesche vive una crisi sistemica a cui si propone di rispondere con un rapporto diretto e non mediato col popolo, con la demolizione dello stato di diritto e delle libertà fondamentali. Bitumi aggiunge che: “Molti studiosi di varie discipline hanno parlato della crisi della democrazia. Una crisi dipendente in larga parte dai limiti della globalizzazione. I limiti di uno stravolgimento che prometteva a tutti di uscirne vincitori: non è stato così. L’incapacità dei leader europei in questo contesto spiega la rivolta, che si è tradotta in un nazionalismo escludente come bisogno di difesa, di protezione. La minaccia è ciò che sta fuori dalla nazione in una visione nostalgica di un passato omogeneo e dai confini rassicuranti”. E in particolare la questione riguarda l’Est europeo per le difficoltà della transizione di questi Paesi dalla caduta del Muro di Berlino e del sistema sovietico, poi c’è l’elemento della pulizia etnica e la paura per una demografia calante rispetto ad arrivi crescenti.

La democrazia illiberale non esiste (per come ce l’hanno raccontata). “Ho scritto questo libro da una parte per una ragione contingente, il fastidio per l’utilizzo di un’espressione usata impropriamente. Dall’altra, come accademico, sento l’esigenza di intervenire come intellettuale pubblico: è un nostro dovere! E farlo sulla base di quello che insegno e studio tutti i giorni. Ecco, quello di Orbàn è un sofisticato imbroglio: si prende un termine, ci si appropria di un lessico e lo si ribalta, facendogli dire cose che non può dire. Non si può mettere il termine ‘democrazia’ con la disuguaglianza. Anzi, il mio vuole essere un antidoto filosofico: dobbiamo rimettere al centro la questione delle disuguaglianze sociali ed economiche”.

L’Atene di Pericle è la vera democrazia illiberale. “Nelle mie lezioni parlo costantemente della Grecia Antica. Il ‘kratos’ è l’esercizio violento del potere da parte del ‘demos’ ovvero soprattutto della parte povera della polis: la democrazia è il governo dei poveri (visto in modo molto negativo da Aristotele e tanti pensatori antichi). Al suo cuore c’è un vero e proprio culto per l’eguaglianza sostanziale e materiale. E questo è il modo in cui viene percepita fino al ‘500-‘600. In questo senso, è illiberale perché intanto il liberalismo non era nato. Ma soprattutto perché risente delle conseguenze dirette o indirette per le libertà individuali implicite in una difesa intransigente di questa iper-eguaglianza: è anti-individuale perché comunitaria. La democrazia premoderna è un regime politico e un’ideologia politica. E non sparisce con la Grecia classica ma riemerge in varie forme: Babeuf e Buonarroti la iniziarono a connettere al socialismo. E poi Marx, leggendo la filosofia antica, ci riflette. Poi c’è la Costituzione sovietica del ’36…”.

Alessandro Mulieri

Concludendo, “la provocazione del libro è quella di fare della ‘vera’ democrazia illiberale un principio ideale e guida per la riforma di una democrazia rappresentativa in crisi”.

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