Terza puntata del nostro racconto sul viaggio, iniziato QUI e continuato QUI.
“Informiamo i gentili clienti che dal 26 Giugno all’11 Agosto 2023, per lavori di potenziamento infrastrutturale della linea ferroviaria San Benedetto del Tronto–Ascoli Piceno [almeno tolgono i passaggi a livello, ndr], la circolazione dei treni sarà interrotta tra Porto d’Ascoli e Ascoli Piceno”. Shock. Con un preavviso minimo, mi rendo conto che il mio lavoro di commissario per l’esame di Stato dei miei studenti del liceo classico “Leopardi” di San Benedetto del Tronto sarà un inferno. E non solo per il caldo africano di questa estate…
La vita del pendolare è sempre complessa. Ma ad Ascoli Piceno, se possibile, di più. Se n’è accorto anche Zerocalcare, che pure in città doveva arrivare soltanto una volta: “Questa città è collegata malissimo” ha dichiarato fra gli applausi del Teatro Ventidio Basso. Il 26 giugno, comunque, mi presento alla fermata del bus sostitutivo del treno, avendo un abbonamento Trenitalia. Salgo e il controllore mi informa: “Mi pare che non lo facciamo noi il bus sostitutivo, così mi hanno detto.. Però per stavolta non fa niente”. Almeno ho evitato una multa. Leggerò in seguito una nota della Start che informa che sì, con gli abbonamento Trenitalia si può viaggiare su quella tratta gratuitamente. La leggerò troppo tardi, avendo portato ben tre fototessere (ne servono due per il passaporto ma tre per l’abbonamento del bus?), per acquistare un abbonamento Start. Nel frattempo, sono comparsi i veri bus sostitutivi, non della Start, ma potrò salirci col mio abbonamento Start? Parrebbe di no. Ma tanto gli orari sono gli stessi (altro mistero), quindi cambierebbe poco.
Ogni giorno mi trovavo alle sei in punto in attesa dell’autobus. Ogni giorno, era strapieno di persone. Qualche ragazzo/a e per il resto quasi tutti stranieri. Chi se non gli ultimi usa il trasporto pubblico? Fra traffico e fermate continue, era un’odissea arrivare. Ma il problema vero era poi ripartire. Le attese sono state importanti. E, anche qui, c’era una mancanza assoluta di posti a sedere (e quasi pure di quelli in piedi). Qualcuno mi potrebbe dire, ma l’auto? A prescindere da ogni altra considerazione, la superstrada Ascoli-Mare è un cantiere aperto, per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, almeno del 2016 anno del sisma. Per non parlare poi dell’autostrada A14. Insomma, la situazione è cambiata molto poco rispetto a quando parlammo la prima volta di questi argomenti due anni fa QUI (sono rimaste sempre due anche le corse di autobus per Roma della Start. Altro che sogni di una Ferrovia dei due mari che ci colleghi con l’altra parte dell’Appennino…).
Per fine luglio avevo comprato un biglietto, molto conveniente, per la nuova tratta aerea che da Ancona conduce a Paris Orly. Novità importante. Prendo il mio bus. Poi il mio treno. Poi il secondo treno e arrivo. Fermata del treno molto comoda, ma aeroporto senza aria condizionata (nonostante i 40 gradi). Atterrato a Orly trovo, ovviamente, l’aria condizionata, ma soprattutto un comodo tram che, per una modica cifra, mi porta dentro la città. E a quel punto mi ritrovo catapultato in un altro mondo. 16 linee di metro per 309 stazioni. 5 linee di Rer per 240 stazioni (sono treni regionali che dentro la città diventano delle ulteriori linee di metropolitana, ma più veloci). 12 linee di tram per 235 stazioni. 354 linee di bus diurni e notturni.
Quando ho abitato per oltre un paio d’anni a Parigi tutti si stupivano che avessi la patente. E non per lo stesso motivo per cui mi stupisco io stesso, ancora oggi. No, lì il processo per ottenerla è più lungo, complesso e soprattutto costoso. La metà dei parigini non ha la patente. E non è un dato inventato. E quelli che hanno la patente vi assicuro che non hanno tutti un’auto. Com’è possibile? Trasporto pubblico. Il mio ultimo anno di domicilio a Parigi è stato il 2016 e avevo conservato una piantina della metro. Ormai non corrisponde più alla realtà. E la prossima volta che tornerò (magari accompagnando anche quest’anno i miei studenti, come ho fatto QUI) sarà ancora diversa, perché stanno ultimando nuove linee di tram. Oltre che l’allungamento di alcune linee di metro. Ma anche le stazioni le ho trovate diverse, tutte in perenne rinnovamento. Non parlo poi della diffusione delle bici, con le infinite rastrelliere di quelle offerte dal Comune. E poi le piccole auto elettriche da affittare in caso di bisogno. Una rete integrata.
All’inizio di questo mese Macron, non proprio un campione dell’ambiente, ha proposto di estendere anche alla Francia l’abbonamento a 49 euro mensili per tutti come in Germania (che aveva anche provato, con immenso successo, quello a 9 euro, ma i produttori di auto si erano presi troppa paura). Sarebbero comprese tutte le linee di trasporto pubblico (bus, treni, tram) ad esclusione dell’alta velocità. Una rivoluzione. Anche se già i datori di lavoro sono obbligati, nel caso lo si usi, a rimborsare la metà del costo degli abbonamenti del trasporto pubblico (costi paragonabili ai nostri per abbonamenti che comprendono più linee e mezzi di tutti i tipi su zone molto più ampie). Si parla parecchio di queste questioni in Francia. Anche lì il prezzo della benzina è un problema e il governo sta pensando a delle soluzioni (abbastanza bislacche) per affrontarlo. Il maggior partito della sinistra francese, la France Insoumise, ha dichiarato molto fermamente che non si tratta di contrapporre chi vuole la benzina più economica a chi vuole il trasporto pubblico: solo rendendo possibile l’uso del trasporto pubblico (più stazioni, più linee, più mezzi, più orari, più efficienza) si può garantire l’alternativa a tutti, qualunque sia il reddito o la posizione geografica. Un’alternativa che per le nostre tasche ma soprattutto per il pianeta dovrà essere il modo principale per spostarsi. Non è tutto perfetto in Francia, infatti, le periferie del Paese (comprese le banlieue) fanno fatica a essere collegate. Ma gli sforzi sono stati tanti.
Dobbiamo reclamare un trasporto pubblico efficiente. Mentre, anche in questo campo, sembra la rassegnazione a farla da padrona in Italia. “Tanto…”. E intanto i centri storici soffocano di auto. E i costi strozzano sempre più persone. E non ho nemmeno nominato il cambiamento climatico. Dobbiamo finirla di dire, “visto che non ci sono i mezzi prendo la macchina”. No, prova a prendere i mezzi. Se non riesci, farai altrimenti e intanto, però, chiederai alla politica (locale e non) di farne finalmente una priorità.
Abbiamo camminato per decine di km al giorno in giro per la Francia. E questo mi ha ricordato quanto siamo disabituati. Camminare una mezz’ora deve essere normale per raggiungere il posto di lavoro/studio o il centro, magari per svago. Abbiamo incontrato centri pedonalizzati o semi pedonalizzati e comunque sempre con il limite di velocità di 30 km/h (che in Italia viene considerato folle). In città piccole e grandi. Non solo i lungofiume della Senna, di cui le persone si sono riappropriate e ora vi pullulano le attività. “Nel mio vocabolario personale affido alla parola viaggio uno statuto speciale. Per me è quello che si fa a piedi. È viaggio la scalata, il pellegrinaggio, l’incolonnamento di migratori sulle piste di Africa e di Oriente, lo scavalcamento di frontiere dei contrabbandieri. Viaggio è quello che procede alla velocità del piede umano” ripenso a quanto ha scritto Erri De Luca. Un aspetto curioso è l’attraversamento dei pedoni: in Francia si usa fermarsi. Incredibile a dirsi, ben più che in altri Paesi ritenuti ‘perfetti’ come la Danimarca, mi disse anni fa un’amica danese.
Per gli spostamenti più lunghi ci siamo mossi spesso con il treno. Alta velocità, Intercité, Ter (i regionali), funivie. L’alta velocità, costosissima, si è rivelata comoda ed efficace. Anche se i treni, esistendo da più anni rispetto all’Italia, sono un po’ meno confortevoli. Sul resto dei treni, senza posto riservato, si notava una cosa interessante. I treni erano strapieni. I francesi viaggiano in treno. I treni erano molti e molto frequenti, ma indistintamente affollati all’inverosimile (e di persone di ogni genere). In un’occasione avevamo acquistato il biglietto, del costo di un euro. Ma, fatto all’ultimo e nel pieno dell’organizzazione di vari spostamenti, sbagliando la data, con quella del giorno successivo. Il controllore senza sentire ragioni: multa di 100 euro. Ecco, una cosa così, in Italia, non sarebbe successa. In un’altra occasione il treno si è fermato in piena campagna, senza elettricità, con quaranta gradi fuori. Siamo rimasti lì oltre un’ora, a cuocere. Ma alla maniera francese, mantenendo calma e dignità (in Francia i clacson non suonano e la gente non ti insulta dalle macchine prepotenti. Per dire). La Sncf (la Trenitalia francese) ci ha rimborsato in automatico una parte del biglietto a causa del ritardo. Questo in Italia non può succedere.
Un po’ scottati dall’inflessibilità burocratica della Sncf e dal caldo di quel vagone bloccato, ci siamo rivolti sempre più ai bus: FlixBus e BlaBlaBus. Un po’ più economici anche se più lenti e con partenze da luoghi più decentrati. Certamente anche questi un modo interessante per entrare in contatto con un’umanità molto varia. In tanti, fra i francesi, ci hanno indicato sia nelle piccole realtà sia nelle grandi, sia in città sia in campagna, la via dell’autostop. Alla fine, non l’abbiamo provata, ma tutti ne hanno parlato come di una cosa diffusa e normale. Abbiamo invece provato BlaBlaCar, anche questa in Francia molto diffusa (al punto di essere integrata nell’App della Sncf). Acquistare passaggi, in modo da condividere il viaggio (e i costi) con qualcuno. Piacevole, ad esempio, la conversazione con una signora di mezza età, che aveva vissuto un po’ ovunque in Francia (“Prima o poi troverò il posto in cui vivere bene”) e che si occupava di reinserimento detenuti nella vita al di fuori del carcere: “Mi piace viaggiare e conoscere persone. E tengo i prezzi bassi perché tanto io questa tratta devo farla. Voglio dare una mano a chi vuole viaggiare, ma non tutti hanno i mezzi”. In Italia, l’idea di far salire sconosciuti sulla propria auto… risulta (ancora?) un po’ strano.