“Da pittore posso dire: …ne ho combinate di tutti i colori!”: la mostra di Dante Fazzini

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A due anni dalla sua scomparsa, io lo sento ancora vivo. L’anima di Dante Fazzini, come di tutti gli artisti, vive attraverso la sua opera. E questa mostra raccoglie 35 sue opere pittoriche, 50 sassi d’autore, 5 bastoni di mare, 10 marionette e 20 miniature”. A parlare è Gianluca Staffolani, creatore di gioielli contemporanei e scultore, ma soprattutto amico dell’artista ascolano. L’occasione è l’inaugurazione della mostra “Dante Fazzini. L’arte della passione”, promossa dalla Provincia di Ascoli Piceno e dall’Istituto di Storia del Movimento Liberazione con il contributo della Fondazione Carisap e ospitata dalla Cartiera Papale dal 9 al 30 settembre.

Dante – ha proseguito – mi ha insegnato a ricercare la bellezza ovunque. Anche passeggiando e inciampando in un sasso, che diventava uno di quelli che vedrete, o in un legno contorto. Un giorno mi disse ‘Hai visto il mammuth?’. Sì, aveva visto un albero nel cortile di una scuola che ricordava l’animale; ‘Devo fare qualcosa, mancano solo le corna’ e lui, quelle corna, le fece installare. Ecco, questo è l’artista: colui che sa vedere quello che l’uomo comune non vede. E questa ricerca di bellezza riguardava anche la città: ‘Hai visto il cesso che hanno buttato nel verde lungo il fiume? Ora chiamo il Comune!’. Dante era l’instancabile organizzatore di iniziative con i suoi studenti e le sue studentesse e/o con i suoi concittadini per salvaguardare il luogo in cui viviamo; quei cartelli sul trofeo dello zozzone dell’anno mi avevano colpito prima che sapessi che fossero opera sua.

dal profilo Instagram di Dante

La sua attività politica e civile era improntata a stimolare le persone a vincere l’indolenza. Non aveva paura di dire quello che pensava in tutti i campi e per questo, a molti, era antipatico. Di lui tutti ricordiamo il sorriso buono, a cui si accompagnava una grande fermezza. Ricordo quando, andandolo a trovare nel suo studio, mi presentò un suo conoscente che era lì con lui; la stretta di mano fu esageratamente forte e Dante non esitò a cacciarlo di lì: così non si fa.

Una sua manifestazione antidegrado nel 2016 (da un post Facebook di Francesco Ameli)

Era un guerriero, di spirito, ma che voleva la pace. Lui cercava un altro mondo, la sua era una ricerca famelica di spiritualità. Tutto quel lato onirico e sperimentale della sua arte, ben rappresentato dalle opere esposte. Ognuna rivela la qualità artistica di Dante. Un artista deve innanzitutto saper disegnare (e poi tutto il resto). Mi viene in mente, a questo proposito, la sua esperienza al Caffè Meletti, che ha ospitato tre cicli dei suoi ritratti dal vivo. Era un luogo che lui frequentava da bambino, con la nonna che abitava lì di fronte, e lui che l’accompagnava ad acquistare dolci. Ma anche un importante luogo di cultura. Da anni non si faceva nulla e lui: ‘Bisogna ridargli spirito artistico, bisogna far vedere lì cosa vuol dire dipingere, il mestiere del pittore’.

Conservo gelosamente il caleidoscopio fatto da lui che mi ha regalato, era un eterno ragazzino (e d’altronde era un insegnante nato). E così lo ricorderò sempre”.

Era il 2012 e decisi che quel Cedrus Deodara Pendula era un potenziale Mammut. Chiesi il permesso al Dirigente Scolastico e realizzai l’installazione- ‘the garden of lost love’. Spettinato e sgarrupato ma ancora é lì.” dal profilo Instagram di Dante

Trafelato arriva Giuliano Giuliani, il celebre scultore ascolano, “con Dante eravamo insieme all’Accademia di Belle Arti di Macerata, anche se lui mi anticipava di qualche anno. Ricordo la scena di quando nell’aula del prof. Brindisi, che esponeva le opere degli allievi, rimasi colpito enormemente (insieme ad altri) da un quadro. Era quello di Dante e da lì saremmo diventati sempre più amici. Nel tempo non ci siamo frequentati molto, ma periodicamente. Ogni volta, e ce lo siamo detti, c’era però lo stesso affetto, come se non ci fossimo mai lasciati. Ricordo distintamente il suo abbraccio.

I giovani di allora e di oggi non fanno altro che inseguire il critico, che inseguire il contesto culturale del momento, che cercare di essere nella contemporaneità. La grandezza di Dante, invece, sta nella sua autenticità. Alla Morandi. Era tra quelli che danno voce al proprio istinto, alla propria necessità, alla propria ricerca. Il momento in cui tagliò con tutto il sistema dell’arte fu, credo, quando visse dei lutti che lo lasciarono ferito. Non ne volle più sapere. Noi lo guardavamo al contempo ammirati e preoccupati. Ma a lui non interessava.

Dal profilo Instagram di Dante

Io gli studenti e le studentesse di Dante li riconoscevo sempre quando, cresciuti, arrivavano da me. A colpo d’occhio. Fra noi, fino alla fine, c’è stata una grande intesa umana e artistica. Ci siamo sentiti finché è stato in grado di scrivere. Lo voglio ricordare con tre parole: pacatezza, sensibilità e pazienza”.

L’esposizione ne ricostruisce l’itinerario artistico tracciando l’attenzione e la passione che il pittore ha dedicato ai suoi soggetti. Il percorso segue quattro direttrici: la ricerca, la conoscenza, i luoghi, i volti, che ben raccontano la sua straordinaria capacità di rappresentare la realtà e la vita in tutte le sue molteplici sfumature.

Noi di Ithaca vi consigliamo di andare e di restare un po’ con Dante. Anche solo per un saluto, come abbiamo visto fare a un suo amico che, di fronte al suo ritratto (che trovate nella copertina di questo articolo), si è fermato, ha fatto un cenno con la mano mentre diceva “Ciao Dante”. Ciao Dante.

Se ve lo siete perso o se l’avete già letto, vi ricordiamo il lungo articolo QUI che abbiamo dedicato a Dante, in occasione della sua scomparsa. Il primo articolo di Ithaca ad essere andato online (e non è un caso). Leggetelo, rileggetelo, rileggiamolo.

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