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Una caricatura di allenatore e tre canadesi da burletta.

Quanti di voi ricordano l’allenatore dell’Ascoli –parliamo di oltre 50 anni fa – Skender Perolli che guidò per una sola stagione l’undici bianconero che militava in “C”? Sicuramente lo possono ricordare soltanto gli “anta” che non perdevano occasione per andare a sostenere l’Ascoli allo Squarcia e qualche volta, compatibilmente con le… finanze disponibili, anche in trasferta. 

Perolli era soprannominato il “canadese” in quanto, dopo essersi trasferito in Canada, si era avvicinato al calcio riuscendo ad ottenere il titolo di allenatore. Di conseguenza iniziò ad allenare squadre canadesi con discreti risultati e siccome il suo ingaggio era abbordabile venne contatto dall’allora dirigenza bianconera che lo chiamò sulla panchina ascolana. 

Nevio Varglien, l’unica foto che siamo riusciti a trovare

Dal Canada Perolli portò ad Ascoli tre suoi fedelissimi: Varljen, stopper, Maialetti, centrocampista, e Gori, terzino. Al pubblico di casa erano giocatori sconosciuti di cui non si sapeva proprio nulla ma se Perolli diceva che erano buoni elementi bisognava accettarli a scatola chiusa. Erano italiani a tutti gli effetti che però era volati oltre oceano per giocare a calcio visto che in Italia, presumibilmente, non erano considerati dei… campioni. 

Fu il campionato più tribolato della storia calcistica bianconera. La squadra sempre abbonata ai posti di classifica più a rischio retrocessione e a rialzarla non contribuivano i “canadesi”. Maialetti non arrivava ad un metro e sessanta di altezza, Varljen era un tronco, Gori,il “pompista” perché aveva lavorato in un rifornimento di benzina di Roma, ma neanche il resto della truppa dimostrava di essere all’altezza della situazione. Insomma, l’Ascoli era in odore di retrocessione. 

Per evitare questa probabilità capitò un’occasione di quello che cadono tra capo e collo quando meno te l’aaspetti. All’ultima giornata di campionato al Del Duca sale il Pescara. Se l’Ascoli avesse vinto si sarebbe salvato. Per 89 minuti, nonostante che gli abruzzesi non opponessero alcuna resistenza, chiaramente disposti a far vincere la compagine di casa, i tiri in porta non ne volevano sapere di finire in fondo alla rete, un paio di volte il pallone colpì i pali, in altre circostanze gli stinchi degli avversari quando sembrava ormai fatta. Vista la situazione, un difensore pescarese prese una ferrea decisione: se voi non riuscite a segnare, ci penso io. Non appena gli capitò il pallone fra i piedi, era il novantesimo, lo spedì nella sua porta sorprendendo il portiere. Fu così che l’Ascoli vinse per uno a zero riuscendo a conquistare la sudatissima salvezza che non salvò la panchina di Perolli, detto il canadese.   

Una formazione di quegli anni, sempre allo Squarcia
Sandro Conti

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Sandro Conti

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