Il convegno “Le nuove prospettive di sviluppi e le sfide del terzo settore” ha messo a nudo il declino di una città che solo venti anni fa era un prosperoso polo industriale. Prospettive fosche per il domani.
Non doveva essere il convegno, svoltosi presso l’Auditorium della Fondazione Carisap, a svelarci che Ascoli è diventata la “cenerentola” delle Marche in fatto di natalità. Alla fine dello scorso anno i residenti nel capoluogo Piceno erano di poco superiori alle 46 mila unità.
Nel giro di cinque anni sono stati persi all’incirca 5 mila abitanti. La causa principale di tale defaillance viene attribuita al terremoto, che di sicuro ha una parte determinante, ma non è quella più importante: Ascoli è una città di vecchi e per vecchi, non offrendo molto da un punto di vista occupazionale, che costringe i giovani a spostarsi altrove, soprattutto al nord o all’estero, per costruirsi una vita migliore.
Se andiamo a fare un’analisi dell’attuale situazione ci si accorge che la città ha un elevato numero di pensionati o gente ormai prossima alla pensione. E i giovani dove sono? Gli amministratori che si sono succeduti alla guida della città hanno amministrato male, anzi malissimo. Negli anni ’70, con l’avvento della Cassa per il Mezzogiorno trovare un lavoro non era eccessivamente difficile. Pian piano, però, tutte le aziende che si erano insediate lungo la zona industriale, una volta presi i contributi statali, se ne sono andate provocando un… deserto di disoccupati. Ultima “perla” della dismissione ha riguardato l’Elettrocarbonium che nei tempi d’oro, fra dipendenti ed indotto, dava lavoro ad oltre 1.500 persone.
Il “peccato mortale” era che inquinava i fiumi. E’ vero ma con un pizzico di buon senso si poteva ovviare alla cosa chiedendo all’azienda di installare altri due rayterm che avrebbero abbattuto i fumi stessi in misura quasi totale.
Ma potremmo parlare dei casi Mondadori, oppure Ceat poi divenuta Prysmian, o anche di Manuli, esempio quanto mai emblematico della insipienza degli amministratori pubblici. L’azienda nel momento di massimo splendore era arrivata a quasi 1100 dipenditi diretti, ai quali andava poi aggiunto l’indotto che faceva salire gli occupati ad oltre 1500. La Manuli qualche problema lo dava in fatto di ambiente, non certo ai livelli dell’Elettrocarbonium. Quello che, però, le è stato consentito di fare è quasi criminale: ottenere i finanziamenti pubblici (tasso agevolato e fondo perduto) per poi trasferirsi in Polonia e Cina, senza pagar pegno. I lavoratori hanno perso il lavoro, la fabbrica è rimasta un deserto dei tartari, ma niente è tornato indietro allo Stato. Ma la lista è lunga (Sofimar per esempio) e non faremo altro che riaprire la piaga.
In pochi anni Ascoli è passata dall’agricoltura e artigianato, all’industrializzazione esasperata diventando un polo primario nelle Marche, capace di attirare lavoratori da ogni parte, per poi liquefarsi come neve al sole. Oggi non è né carne e né pesce e passare per la zona industriale viene il magone a contare tutte quelle fabbriche inattive.
Il problema è che nessuno è capace di trovare soluzioni fattibile per ridare vita a questo territorio. Oggi si parla di vocazione turistica, di cultura, dimenticando che tutto questo non cade dal cielo come una manna, ma bisogna stimolarlo ed elaborare un progetto credibile e sostenibile. Lo spontaneismo, l’armiamoci e partiamo è roba d’altri tempi, oggi serve programmazione, progettualità, fantasia e, soprattutto, non invadere i campi altrui non avendone la professionalità, che in parole povere significa: gli assessori facciano gli assessori e i progettisti i progettisti. Purtroppo da qualche tempo a questa parte in tanti si sono scoperti nuovi Nicolini (è stato l’assessore alla cultura inventore alla fine degli anni ‘80 delle estati romane) ma Nicolini è stata un’eccezione irripetibile e patetici sono certi “amministratori” che hanno assunto questo vezzo.
Di fronte ad una catastrofe del genere, i giovani ascolani possono soltanto fare fagotto e cercare fortuna altrove. Sposarsi? Neanche a pensarlo perché per mettere su famiglia e fare figli occorrono i soldi. Per ora a mandare avanti la “baracca” sono i vecchi, ovvero le pensioni dei pensionati che aiutano con i loro soldi figli e nipoti. Purtroppo quando moriranno loro si creerà un problema enorme da risolvere. Altro che terremoto. I politici e gli amministratori non sono stati capaci di guardare al di là del proprio naso ed ora inventano convegni per gettare fumo negli occhi dei cittadini.