Puntuale come i malanni di stagione, il calcio è tornato nella bufera. Un’inchiesta della procura di Torino, dal nome “Prisma”, ha aperto uno squarcio preoccupante su una pratica “poco lecita” diventata normale nella gestione delle società.
Si tratta delle plusvalenze, un meccanismo di bilancio che si realizza quando un calciatore di proprietà di una società viene venduto a un prezzo più alto di quello messo a bilancio in quel momento: è uno strumento non solo lecito, ma anche auspicabile per quelle società che basano la loro filosofia economica sul player trading, cioè sulla compravendita di calciatori.
Fa scalpore perché questa volta nel mirino è finita la Juventus e sette suoi massimi dirigenti,: tra loro, il presidente Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved e l’ex direttore sportivo Fabio Paratici. Al club bianconero si contesta un utilizzo spregiudicato delle plusvalenze, con un fittizio passaggio di denaro al fine di ridurre le perdite di bilancio: nel mirino sono finite in particolare le operazioni “a specchio” con altri club, con scambi di giocatori valutati a cifre decisamente fuori mercato. Dal 2019 a oggi, la Juventus avrebbe prodotto plusvalenze per 322,7 milioni di euro, coprendo un buco di circa 600 milioni di euro; su 62 operazioni di mercato sospette, 42 riguardano la Juventus.
Un fenomeno fuori controllo
Questa pratica è tutt’altro che limitata alla Juventus: anzi, negli ultimi anni questo fenomeno è stato una costante nel calcio italiano. Dalla stagione 2015/16 le plusvalenze sono diventate la seconda voce di ricavo dopo i diritti tv.
Quando una società ricorre a questo mezzuccio significa che ha esaurito la capacità propulsiva ed espansiva: perciò ricorre a questo mezzo sperando che in occasione del bilancio successivo avrà sistemato qualche uscita, cedendo qualche calciatore. Ma se poi questo non succede, l’anno dopo alla chiusura del bilancio si trova punto e a capo: se l’anno prima questa società aveva fatto un’operazione del genere adesso ne deve fare due, e poi ne farà quattro, e così via. È un meccanismo che alla lunga schiaccia, una società che entra in questo loop sopravvive al massimo 5 anni e poi si schianta inevitabilmente.
anno agonistico | plusvalenze in milioni di euro |
2015/16 | 376 |
2016/17 | 693 |
2017/18 | 713 |
2018/19 | 712 |
2019/20 | 738 |
Come funziona
Lo scopo è non solo generare plusvalenze, ma anche attivi di bilancio, che è l’altra metà della questione. Se una società dà 10 e riceve 10 il conto è 0, ma non funziona così nella tecnica del bilancio. Se una società dà 10 a un’altra società e riceve 10, hanno 20 entrambi. Ovvero i 10 in uscita che rappresentano la plusvalenza e gli altri 10 del calciatore incamerato che diventa un attivo di bilancio.
Dimentica però che sul calciatore che viene acquistato, negli anni successivi dovrà mettere a bilancio l’ammortamento: ed è lì che si scassano i conti di una società di calcio: niente plusvalenze, e ulteriore stress con l’ammortamento.
Un marchingegno che alla lunga ha finito con lo strozzare le società, ha distrutto le carriere di molti giovani calciatori, a volte anche promettenti, che sono finiti su un binario morto di carriera, schiacciati da un valore iscritto in bilancio che li rende incedibili.
Esportato all’estero…
Siamo un paese di furbi, dicono, dove furbo sta per persona da invidiare e, se possibile, imitare, al punto che non è passato molto tempo che la “finanza creativa” italiana ha varcato i confini ed è stata fatta propria anche all’estero. Non per niente la Juventus ha fatto scambi di questo tipo anche con Barcellona (Arthur-Pjanic) e Manchester City (Danilo-Cancelo).
In Spagna Barcellona e Valencia si sono scambiati i portieri, Cillessen e Neto, per trenta milioni di euro a testa: una valutazione completamente sballata, e oltretutto un’operazione a specchio.
C’è da chiedersi fino a quando andrà avanti questo allegro teatrino e quanto manca che il pallone scoppi.
… e insegnato anche ai nostri campionati minori
Ma questo è solo l’inizio. Per ora stanno indagando sui grossi nomi ma c’è da giurarci che nella rete finiranno anche i pesci piccoli. Non dimentichiamo la storia del Cesena e del Chievo. Plusvalenze fittizie, decretò la giustizia sportiva e sanzionò il Chievo con tre punti di penalizzazione e il presidente con 3 mesi di inibizione, senza procedere nei confronti del Cesena per intervenuta revoca dell’affiliazione. Da lì cominciò il declino del Chievo.
Noi non siamo Report e non abbiamo in squadra neppure Ranucci, ma qualcosa abbiamo imparato, perciò ci è venuto lo schiribizzo di mettere il naso nei bilanci delle società picene, tanto per capire di cosa stiamo parlando e di come il problema possa avere riflessi nelle seconde e terze linee. Proveremo a muoverci, ma quale occasione migliore per iniziare insieme questo cammino?