Aldo Nove pubblica un’invettiva “contro Franco Arminio”

3.4K visualizzazioni
3 minuti di lettura

Di Franco Arminio aveva parlato il nostro Antonio Attorre qui. Oggi interviene sulla sua pagina Facebook Aldo Nove, che pubblichiamo di seguito.

FRANCO ARMINIO – Poeta, scrittore e regista italiano (n. Bisaccia 1960). Autodefinitosi “paesologo”, ha raccontato i piccoli paesi d’Italia descrivendo con estrema realtà la situazione soprattutto del Mezzogiorno d’Italia. Animatore di battaglie civili, collabora con diverse testate locali e nazionali e ha realizzato vari documentari. Dopo il racconto erotico L’universo alle undici del mattino, è del 2003 Viaggio nel cratere in cui A. racconta l’Irpinia di oggi e la zona del ‘cratere’, quella colpita dal grande terremoto del 1980, riuscendo a coniugare uno stile narrativo straordinario all’impegno civile e all’indagine psicologica. Negli ultimi anni ha pubblicato molti libri, con notevole successo di critica e crescente apprezzamento dei lettori. Tra gli altri: Vento forte tra Lacedonia e Candela (2008, Premio Stephen Dedalus per la sezione Altre scritture), Nevica e ho le prove. Cronache dal paese della cicuta (2009), Cartoline dai morti (2010), Terracarne (2011), Geografia commossa dell’Italia interna (2013) e Lettera a chi non c’era (2021). A. è inoltre autore di raccolte di versi, tra le quali si citano qui Le vacche erano vacche e gli uomini farfalle (2011), Stato in luogo (2012), Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra (2017, premio Brancati 2018), Resteranno i canti (2018), L’infinito senza farci caso (2019) e La cura dello sguardo (2020).

“CONTRO FRANCO ARMINIO.
O anche: Vivi e lascia vivere va bene. Ma poi a un certo punto ti rompi anche il cazzo.

L’unica cosa di cui avere paura
è la malattia improvvisa,
l’idea che domani devi andare
da qualche medico per capire
cosa succeda nel tuo corpo
(…)

Questa mattina un amico un po’ cinico mi ha mandato questi “versi” (e quelli successivi, appartenenti a una ‘poesia’ intitolata ‘Studi sull’amore’) e veramente, lo sapevo che prima o poi ci sarei arrivato. A scrivere quanto sto scrivendo. E davvero non ce la faccio più a reggere i discorsi sulla pluralità dei linguaggi e sulla legittimità delle diverse concezioni della poesia. Di solito, si tace per convenienza: ‘Vivi e lascia vivere’. Ma sono un kamikaze, ho già perso tutto e questo mi mette nella condizione privilegiata di non avere più niente da perdere. Sto leggendo troppe cazzate a cornice di luoghi comuni in cui si va a capo tanto per andare a capo e sempre più osannate da analfabeti di ritorno. A che cazzo sono serviti Andrea Zanzotto, Amelia Rosselli, Giorgio Caproni, Mario Luzi, Edoardo Sanguineti, e tutti i grandi che a cavallo di questo e dello scorso millennio hanno tenuto in piedi il laboratorio sempre in fieri della poesia? A che valgono la ricerca di estrema pulizia metrica di Patrizia Valduga o di Gabriele Frasca, o le vertiginose fratture del dettato poetico di Milo De Angelis di fronte a ‘sta roba? Libero per tutti? E per quale motivo uno si dovrebbe mettere a studiare i classici e la tradizione se basta scrivere ovvietà andando a capo per diventare un poeta di successo? Chiudendo: Lunga vita a Franco Arminio e ai suoi lettori ma io, con questa roba, non c’entro un cazzo.
E continuerò a studiare Bembo e Carducci, o nella contemporaneità le mirabolanti (ma che certo non escono sul Corriere della Sega) e semiclandestine, studiate, sudatissime, estreme ricerche di Rosaria Lo Russo o (l’apparente) leggerezza di Francesca Genti o di Luigi Socci, o la voluta, donchisciottesca, coltissima e quella sì ‘popolare’ resistenza di Lello Voce e di tanti altri che ancora credono in quel gratuito, estremo, assoluto concedersi al linguaggio e alle sue strategie d’incontro tra materialità più greve e assoluto che lo rendono urlo estremo e dolcissimo, dono di pietà e di rabbia e infine resa senza condizioni.
P.s.: Inutile scrivere che scrivo perché ‘sono invidioso’. Lo sono. Assolutamente. ‘Vedo male’ (etimologicamente), molto male questo processo di degradazione letteraria”.

L’AUTORE – Insieme ad Aldo Busi e Alberto Arbasino è considerato uno dei migliori autori contemporanei. Pseudonimo di Antonello Satta Centanin, Aldo Nove si laurea in filosofia morale e in seguito è autore di alcune raccolte poetiche (Tornando nel tuo sangue, 1989; Musica per streghe, 1991; La luna vista da Viggiù, 1994). Esordisce con la prosa con i racconti Woobinda e altre storie senza lieto fine (1996) e il romanzo Puerto plata market (1998), che è stato collocato dalla critica nel genere pulp, in voga in Italia alla metà degli anni Novanta, per lo stile accattivante, il linguaggio crudo e i temi violenti. Nel 2000 con la pubblicazione di Amore mio infinito e con i successivi La più grande balena morta della Lombardia (2004), Zero, il robot (2008), La vita oscena (2010), si è dimostrato uno scrittore eclettico, in grado di muoversi con capacità in diversi generi, passando ad uno stile intimista ed esistenzialista, fino ad affrontare questioni sociali della contemporaneità come in Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese del 2006. Nel 2013 è uscito Mi chiamo… in cui lo scrittore ripercorre la vita della grande artista Mia Martini, cui hanno fatto seguito il romanzo storico Tutta la luce del mondo (2014), Un bambino piangeva (2015), entrambi nel 2016, Anteprima mondiale e All’inizio era il profumo, e la biografia Franco Battiato (2020). Nove è inoltre autore per il cinema e il teatro e collabora per diversi quotidiani e riviste.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

No, non è un mondo di giovani: perché?

Next Story

Cannabis, un incontro per confrontarsi senza pregiudizi

Ultime da